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    MIGUEL MORALES

    Chel era andata via, ed era tutta colpa sua e del suo egoismo e dei suoi sentimenti che lei, e solo lei, avevano capito. Era certo che fosse per questo motivo, nonostante ella non glielo avesse detto in modo esplicito, anche se non avevano parlato della questione.. Sapeva che Chel aveva compreso il suo malessere, come aveva compreso la sua gelosia e la causa dei suoi cambiamenti repentini di umore. Cosa che alla fine, Tulio, non aveva compreso per nulla.
    Ma non era quello che stava lentamente uccidendo Miguel, in quel momento. Era un'altra la questione che lo stava divorando nell'anima: il vedere Tulio in quelle condizioni per la scomparsa, o meglio abbandono, di Chel. La stessa che amava, una donna speciale che era entrata nella vita di entrambi e che l'avevano resa bella. Una donna che non solo era diventato il Vero Amore del suo migliore amico, ma era diventata l'unica donna, per Miguel, che considerava parte della sua famiglia. Una donna forte e sincera, sprezzante del pericolo, una donna che gli ricordava sua madre.. Patricia, l'unica donna che aveva amato con tutto se stesso.
    Ricordava esattamente cosa aveva passato quando ella esalò il suo ultimo respiro: Miguel, quel giorno, aveva smesso di vivere sotto ogni punto di vista. L'unica cosa che lo risollevava, o per lo meno non lo faceva pensare, era stata la musica che aveva scoperto solo dopo, la stessa che era faceva parte della sua vita come il respiro, il battito del suo cuore sanguinante. Una chitarra che aveva accompagnato ogni sua maledetta avventura, ogni sua esperienza, ogni cuore spezzato e ogni felicità. Aveva scoperto la musica grazie a sua madre, una donna molto speciale per Miguel, quella che aveva tentato di salvare senza riuscirci. Che si sentisse in parte in colpa? Si, quello non mancava mai nella sua vita, continuava a dannarlo e a scavargli l'anima come mai era successo con nessuno. Avrebbe potuto fare di meglio, avrebbe dovuto impegnarsi il doppio, no il triplo, per ella e per curarla, ma non lo aveva fatto. Come non aveva fermato Chel.
    Gia, perchè lui l'aveva vista andare via con il bottino e non c'era stata nessuna interazione tra di loro, nemmeno un sussurro: era bastato lo sguardo per far capire a Miguel quanto Chel fosse dispiaciuta, quanto avesse bisogno di staccare e andare via, quanto fosse grata ad entrambi. Eppure non si sera ribellato, anche se aveva sentito il suo cuore spezzarsi in milioni di pezzi, Miguel non aveva fatto nulla per fermarla e farle cambiare idea.
    Non c'era riuscito.
    Si era sentito come bloccato davanti a quella visione, mentre il cuore si spezzava in milioni di pezzi e le lacrime (che cercava di trattenere) sembravano volergli bagnare il volto. Ma nulla di tutto ciò venne visto dall'amica e da Tulio. No, lui non glielo avrebbe mai perdonato, per nessuna ragione al mondo, per questo era aveva deciso di mentirgli.. O meglio omettergli tale informazione, non voleva distruggere un'amicizia come la loro.. Non voleva perderlo, per nessuna ragione e se questo voleva dire mentirgli per la prima volta in vita sua, allora lo avrebbe fatto, a costo di essere visto come un essere meschino ed egoista, in futuro, semmai Tulio sarebbe venuto a saperlo.
    Una cosa però era certa, non voleva nascondere a Tulio quello che aveva visto solo perchè non voleva perderlo come amico, ma semplicemente perchè era innamorato di lui: gia, il biondo, per tutta la relazione con Chel, per sua anni, era stato geloso di Tulio. Si era innamorato di lui e si sentiva un verme nel pensare che era grato a Chel per essere andata via, così poteva avere la sua occasione con lui.. Era pessimo, una mierda, una persona esattamente come suo padre: meschino sotto ogni punto di vista. Gli veniva la nausea al solo pensare una cosa del genere.
    Prese la sua chitarra, Patricia, iniziando a strimpellare le corde senza un apparente motivo, almeno in modo visivo: voleva semplicemente allontanare tuto, stoppare quella nausea e quei pensieri che non facevano altro che ucciderlo dentro, avvelenarlo.
    Si sentiva in colpa, terribilmente, si sentiva sanguinare da dentro e tutto per via di quella menzogna.
    Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, non ce la faceva piu a nascondere la verità, sia per quanto riguardava i suoi sentimenti sia per quanto riguardava quello che aveva visto, la verità che conosceva su Chel. Ma non avrebbe rilevato la seconda, nemmeno sotto tortura, anche per tutelare la mora.. No, era un'altra menzogna che si ostinava a ripetersi nella testa.
    Era li, fuori, nel terrazzo di quella casa che continuava a ferire entrambi per via del ricordo ancora vivo di Chel, delle risate e dei litigi, del loro essere una famiglia, e strimpellava con aria pensierosa, quasi triste, a tratti arrabbiata. Gia, lo era, ma con se stesso, con quello che provava e che aveva iniziato a provare per Tulio, per quelle menzogne che gli logoravano le membra e l'anima. E suonava, suonava, inesorabilmente e senza fermarsi, con il suore su quelle corde, come in attesa... Ma cosa aspettava? Neanche lui lo sapeva.

    ©pchan.
     
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    Tulio Vásquez -- 29 y.o. [bisexual] -- heartbroken
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    Tulio Vásquez era un uomo distrutto. Cioè, più o meno: drama queen fino in fondo, seppur meno dell'allegro compare che si trovava intorno costantemente con suo sommo dispiacere (seh, proprio) da oramai tredici anni, non poteva ovviamente fare a meno di portare agli estremi ogni singola cosa che gli accadesse. Così era stato con El Dorado, quando, scoperto l'accesso per la città d'oro, aveva immediatamente oclto l'occasione per fingersi una divinità e andassero alla malora i reali, pericolosissimi déi di Sellas, ma insomma, per l'oro! e cercare di accaparrarsi tutti i preziosi che potesse concepire di riportarsi al Villaggio Latino; così aveva fatto con Chel, innamorandosi perdutamente della bella indigena in neanche una settimana e poi passandoci due anni della propria vita arrivando probabilmente persino a rimuginare (dentro di sé, naturalmente, come avveniva con tutti i suoi eccellenti piani prima che fossero anche soltanto nominati a qualcuno...e, complici i loro continui e recenti litigi, non aveva neppure accennato niente al povero Miguel, ignaro delle sue intenzioni tanto quanto Tulio lo era dei pensiri intimi dell'altro) sul decidersi a sposarla e a metter su famiglia, nonappena un bel gruzzoletto fosse stato racimolato, e..beh, così faceva dunque pure adesso che Chel l'aveva lasciato, per gli déi.
    La bella Inca era sparita oramai da, probabilmente, qualche giorno, seppure non troppi. Tulio, quando si era svegliato senza trovarla, non si era preoccupato: non particolarmente apprensivo nei suoi confronti - enorme eccezione, riseptto alla sua iperattiva angoscia esistenzale in tale campo - aveva semplicemente pensato, da ingenua pera cotta qual era nei suoi confronti, che si fosse svegliata di prima mattina e avesse già cominciato a lavorare per il bene delle loro borse.
    ...poi aveva notato che la sua borsa era sparita, nel senso ahimè più letterale del termine. Non aveva più la borsa che si teneva sempre in vita e dove custodiva i suoi soldi, accidenti. D'accordo, la sera prima s'era spogliato e si era probabilmente coricato mezzo nudo (anzi, del tutto) insieme a Chel e forse era pure stato colto da bollenti intenzioni, ma insomma, non era decisamente da lui perderla di vista. Poteva giurare di averla lasciata sul comodino come ogni sera, fossero maledetti gli déi, quelli veri stavolta, se qualcuno gliel'avesse rubata. Aveva così ribaltato tutta la casa alla sua ricerca, probabilmente gridando pure addosso a Miguel nel più totale panico dovuto ad una simile tremenda circostanza.
    Poi non aveva trovato neanche la borsa di Chel: e ok, fin qui tutto normale, era fuori, no? Solo che mancava pure la cassettina ove tenevano le riserve, nascoste sotto i mattoni della loro stanza. E non c'erano neanche i vestiti dell'indigiena.
    ...e Tulio era stato colto dal panico e non si ricordava davvero niente. Era probabilmente svenuto cadendo come corpo morto cade, e non si ricordava proprio un accidenti. Per qualche ora probabilmente aveva delirato parole scomposte, aveva strillato il proprio panico all'amico e insieme le proprie angosce, si era lasciato andare a crisi isteriche e di pianto e poi, sfinito, si era addormentato per poi risvegliarsi fradicio e in un bagno di sudore. Ecco, per qualche tempo insomma la sua reazione era stata ben poco virile e terribilmente preoccupata per i propri averi e la sorte della ragazza, rifiutando completamente il concetto che , Chel se ne era andata e li aveva lasciati, anzi no, aveva lasciato lui. E dopo, però...la ragazza non era tornata, e la realtà aveva provvisto a devastare la bella e rassicurante illusione di diniego dell'evidenza che Tulio stesso si era costruito a mo' di protezione per il suo povero cuore infranto.
    Chel non sarebbe tornata, e lui era solo. Non si era meritato neppure un biglietto: d'accordo, sapeva quanto facesse fatica a leggere e scrivere e insomma, erano pur sempre truffatori tutti e due, ma accidenti, almeno due paroline d'addio, un bacetto, una notte di sesso particolarmente sfrenato e spinto così da potersi poi buttare a mare felice e affogare con una pietra al collo e via, crepare al culmine della propria vita come le divinità del rock del mondo reale di cui in effetti lui ancora non sapeva niente, ma che insomma, alcuni anni dopo gli sarebbero state ben familiari. No. Se n'era andata come una ladra nel cuore della notte e - beh, in effetti lo era, accidenti, le aveva insegnato decisamente bene. Eppure...era la sua donna. Tulio era innamorato, e profondamente, della bella inca. Cosa avrebbe potuto fare, ora? Di certo lei aveva giorni e giorni di vantaggio, e non aveva la minima idea di dove potesse essersi diretta o del perché si fosse allontanata: e, furba com'era, non si sarebbe di sicuro fatta trovare. La sua decisione era stata definitiva, unilaterale e del tutto inaspettata; come uno stupido, Tulio aveva creduto di potersi fidare del tutto di lei, e con l'amore che gli riempiva il cuore aveva dimenticato ogni prudenza, peggio ancora, ogni preoccupazione.
    Quando aveva infine realizzato tutto quello, da isterico e pazzo Tulio si era tramutato in del tutto apatico. Completamente spento, sembrava non trovare il minimo sollievo (anzi, era caduto ancora più in basso: il minimo interesse!) per assolutamente nulla. Si alzava, trangugiava due bocconi di qualunque sbobba Miguel gli mettesse davanti (e diamine se Miguel era negato in cucina, per cui meglio neppure immaginare cosa diavolo tracannassero quei due in quei giorni), impossibilitato dal suo stomaco sigillato a buttare giù anche soltanto un granello in più, beveva qualcosa di alcolico o meno che fosse e...basta. Ciondolava occasionalmente dal letto alla sedia e poco più, spingendosi soltanto fino al cortile della loro scombinata casupola senza preoccuparsi più neanche del proprio sostentamento, completamente svuotato di tutto. Miguel suonava e faceva qualche battuta per tirarlo su: e Tulio non reagiva, non protestando neppure quando il biondo quasi gli urlava nelle orecchie con quella maledetta chitarra, quando in altre occasioni l'avrebbe decisamente strozzato in meno di mezzo secondo, specie se, mezzo nudo, era costretto ad allontanarsi dalla camera da letto che condivideva con Chel per ricordare all'amico quanto poco conciliante fosse il suo strimpellare, in certi contesti, rammentando costantemente al biondo, insomma, seppur indirettamente, non solo - o non tanto, ecco - l'importanza di certi bisogni fisiologici quali l'erotismo, ma soprattutto della donna per lui. E ora...Chel se ne era andata, e Tulio sembrava aver perso ogni capacità di funzionare.
    E mentre Miguel era di sopra, quel giorno, Tulio era rimasto seduto al tavolo della "colazione" per ore. Aveva ancora davanti la sbobba, che aveva a stento rimescolato col cucchiaio, giusto per mettere a tacere l'amico preoccupato e far finta di mangiare. Era dimagrito? Non propriamente, non era passato forse sufficiente tempo per un reale deperimento fisico del moro; eppure era comunque vagamente più asciutto, come se già qualche previsione sul suo stato futuro potesse farsi, qualora avesse continuato con quel comportamento. Era stanco, probabilmente di tutto, e con un enorme mal di testa - il suo ritmo sonno-veglia si era decisamente sballato del tutto. Non aveva probabilmente neppure fatto caso a Miguel (o tuttalpiù gli aveva mugugnato un vago assenso senza neppure muovere di un millimetro la testa) quando era salito di sopra, né alle note strimpellate della sua chitarra. Apatico, Tulio fissava invece un punto imprecisato della stanza.
    Chissà quanto ci mise per, infine, decidersi ad alzarsi di lì, recuperare la ciotola e ciondolare lentamente - quasi caracollando - verso la porta. I baffi erano più lunghi del solito, così come la barbetta che cominciava a mostrare, e i capelli erano del tutto spettinati. Indossava una camicia bianca sgualcita, un paio di pantaloni scuri e le sue solite scarpe nere; alla vita la cintura, senza la solita borsetta che vi era appesa in genere. Varcò la porta di casa e, lì fuori - in una zona verosimilmente ben in vista dal balcone - si avvicinò ad Altivo, debitamente "parcheggiato" fuori casa e legato, seppur con agio di movimento. Sentì le note della chitarra di Miguel, eppure...ancora una volta non vi reagì; piuttosto, si accostò soltanto al cavallo, si chinò lentamente verso terra e poggiò la ciotola, sicché l'animale potesse nutrirsi di quel pasto che in teoria sarebbe dovuto finire nel suo di stomaco - ma ehi, meglio di nulla. Piuttosto che di sé, insomma, Tulio si preoccupò, come al solito, di qualcun altro: il suo adorato destriero. Si tirò su, accarezzando poi appena il cavallo che si metteva a mangiare, e facendogli qualche pat pat sul fianco. Sussurrò qualcosa, con un tono che forse si sarebbe potuto udire anche dal terrazzo, qualora non troppo lontano e/o qualora non coperto eccessivamente dalla musica della chitarra. «...perché se n'è andata, Altivo?» Il tono? Insieme spento e, drammaticamente, affranto.
     
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    MIGUEL MORALES

    Le dita correvano lungo le corde che producevano note di incredibile tristezza, musica e suoni che usciranno dalla cassa naturale della chitarra classica che Miguel teneva tra le braccia, che abbracciava come se fosse la sua unica ancora di salvezza. Inutile negare qualcosa di palese, alla fine; Patricia in quel momento era l'unica cosa che lo facesse sentire leggero, meno pesante, perso ed inutile. Suonare era sempre stato per egli una scappatoia, un qualcosa che non solo gli faceva capire quello che provava dentro di se, realmente, ma che estirpava con magistrale facilità tutto quello che di negativo provava. Lo faceva pensare, lo faceva stare bene e lo faceva... Gli schiariva le idee. Tutto quello che sentiva veniva trasmesso attraverso quelle sottili corde che, con il suo tocco leggero, vibravano e producevano una melodia sentita sin dal profondo del suo cuore, che non vedeva l'ora di uscire ed emergere. Voleva essere libera di essere quello che era, voleva nascere e correre lungo i sentieri che solo il cielo, le nuvole e il vento potevano creare.
    Ogni momento passato in compagnia del suono, delle corde, delle sue dita e di Patricia che lo aiutava in quel modo, era una manna dal cielo per il povero biondo che non sapeva cosa fare e come comportarsi vista la situazione in cui sia lui che Tulio si trovavano. Si sentiva morire dentro, ma quella volta doveva essere lui quello forte, doveva essere lui la roccia della famiglia. Dopotutto lo aveva gia fatto in passato con sua madre.. Ma probabilmente era esattamente per questo motivo che Miguel non riusciva ad essere quello forte della situazione. Lo era stato per troppo tempo, lo era stato per tutti gli anni migliori della sua vita, tanto che non era nemmeno riuscito a dire di aver posseduto un'infanzia: era stato sempre lui l'adulto e come tale aveva sempre provato, cercato, di portare il pane in casa, di fare il possibile dato le sue scarse capacità e abilità, e nonostante tutto non aveva risolto niente. Che avesse paura? Era terrorizzato!
    Aveva perso gia sua madre per la sua inadempienza, per il suo essere un vero e proprio fallito, aveva gia perso Chel per il suo più totale egoismo.. E ora? Si trovava forse nella remota possibilità di poter perdere anche Tulio, il suo Tulio. Possibile che fosse in grado solo si sfasciare le cose e non di aggiustarle? Era stato lui a fare casino ad ElDorado, sempre lui era stato quello che aveva fatto capricci, e sempre e solo lui, il sensibile che aveva sempre incasinato la vita e i piani del moro. Sempre e solo lui, il problema più grande. Ed era era colpa sua se Tulio era in quello stato, e diavolo! non sapeva proprio come fare per tirarlo su. Era inutile suonare, inutile raccontare storie o scrivere ballate, inutile cercare di attirarlo con la promessa di fare soldi. Ogni cosa era stata inutile, ogni approccio.. Persino i suoi sentimenti erano inutili.
    Come avrebbe potuto salvare il suo amico? Dicendogli forse la verità, sarebbe riuscito con il tempo a perdonarlo e a poterlo vedere in faccia senza odiarlo? No, conosceva bene Tulio, sapeva che se avesse solo osato dirgli che di base era colpa sua allora il moro non lo avrebbe mai piu voluto vedere. Sospirò, stringendo ancora Patricia anche se aveva smesso di suonare quasi in modo brusco per via dei pensieri che gli affollavano la mente e che non lo lasciavano in pace di strimpellare e lasciar uscire tutto il tormento e la tristezza che sentiva. Ma non ci riusciva, essa era radicata nel suo cuore e non svaniva insieme alle note che aveva appena lasciato vagare nella notte, non era possibile liberarsi di essa e lo sapeva, ma anche se era a conosceva di questa verità continuava a tentare e tentare, fino allo stremo, fino al suo ultimo respiro.
    Non si sarebbe fermato, e se tutto sarebbe andato tutto in fumo.. Beh, era destino, avrebbe comunque potuto dire di aver tentato con tutte le sue forze e nonostante tutto, anche se molti avrebbero detto che non aveva fatto abbastanza, lui sapeva la verità.
    Si fece forza alla fine, quando sentì i passi strisciati e pensanti del suo amico di vecchia data. Lo osservò da lontano mentre accarezzava Altivo e sospirò ferito da quello che vedeva: era triste perchè quello che vedeva non era affatto il suo amico, era dispiaciuto perchè parte della colpa per il suo cuore ferito sarebbe stata sempre di Miguel. Una colpa che avrebbe dovuto sempre tenere per se, una verità che non sarebbe mai uscita dalle sue labbra.
    « Hey.. », un sussurro appena accennato, mentre si avvicinava con un debole e triste sorriso sul viso all'amico moro decisamente cento volte più depresso di lui. Cosa avrebbe potuto dirgli? Cosa avrebbe potuto rispondere a quella domanda? Non sapeva nemmeno lui il perchè Chel era andata via, ma sapeva cosa l'aveva spinta a farlo.. O meglio, lo immaginava: dopotutto non si erano scambiati nessuna parola, nemmeno un saluto o un addio era uscito dalle labbra della moretta che aveva imparato ad amare, nonostante la gelosia dirompente in quei due anni che per lui erano stati una dolce e bellissima tortura. « Forse... Forse si sentiva di troppo. », disse alla fine, decise di dire quello che in realtà pensava. Che era forse arrivato il momento di parlare dell'accaduto? Si, forse era quello il momento.
    Sapeva perchè ella si fosse sentita in quella maniera, perchè Miguel aveva capito che Chel sapeva dei sentimenti che lui aveva sviluppato per il moro in quegli anni di conoscenza stretta, in quegli anni di intima e profonda amicizia. Miguel aveva scoperto solo da poco, se due anni potessero essere considerati pochi, cosa in realtà provava per il suo amico, e di amicizia in quei sentimenti non vi era nemmeno una goccia. Desiderava possederlo, abbracciarlo di notte, dedicargli canzoni di amore, baciarlo e farlo ridere. Desiderava farlo felice, e ora come ora lo rendeva solo terribilmente triste, ora come ora lo feriva costantemente, ed era sempre stata l'unica cosa che mai avrebbe voluto fare in vita sua. Tulio era sempre stato il suo scoglio dopo la morte di sua madre e dopo la depressione che superava solo barando e giocando, facendo quel dovere che alla fine lo aveva mantenuto in vita e aveva tenuto in vita, seppur in parte, sua madre per diverso tempo. Ed ora? Doveva essere lui lo scoglio del suo amico, e se sbattergli in faccia determinate cose lo avrebbe aiutato, allora si sarebbe sacrificato.
    Avrebbe persino sacrificato il suo amore, per lui.

    ©pchan.
     
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    Decisamente svuotato, Tulio semplicemente accarezzò il povero Altivo, senza aspettarsi sul serio una risposta che non poteva certo arrivare da un cavallo. Quello tuttavia, con i suoi occhioni espressivi e la sua sviluppata intelligenza, strusciò appena il capo contro il furfante, come probabilmente a volerlo consolare, percependo nettamente la sua tristezza. Chissà se anche ad Altivo mancava Chel...no, non aveva alcun senso indugiare in simili, distruttivi pensieri: eppure, Tulio sembrava ancora incapace di farne a meno, immerso in una rottura fin troppo recente, quantomeno per ora. Incredibilmente, però, il fido compagno riuscì a strappargli un sorriso amaro, amarissimo, ed insieme qualche altra parola. «Lo so che manca anche a te.» Sussurrò, con tuttavia una qual certa nota di affeetto e tenerezza nel tono. Forse per il ricordo di Chel? O forse per il suo prode destriero a cui tanto s'era attaccato - come del resto anche Miguel e l'indigena - in quei due anni passati insieme? Be', di sicuro loro tre erano stati padroni decisamente migliori, rispetto al caro vecchio Cortés...
    ...e fu probabilmente proprio grazie al cavallo che, finalmente, riusciva almeno un po' a farlo tornare alla realtà, che Tulio sentì le note sconsolate della chitarra di Miguel proprio mentre si arrestavano. C'erano già prima? Di certo: eppure, lui non le aveva minimamente percepite, perso piuttosto nella propria sofferenza, completamente avulso da tutto ciò che non fosse...fece una smorfia. Sì, Chel non c'era: e lui era solo. Cioè, non proprio: c'erano pur sempre il suo migliore amico, il loro cavallo, la sua stessa famiglia, eppure...eppure l'inca aveva scavato un vuoto che, nel suo animo, sarebbe probabilmente stato drammaticamente incolmabile per sempre, per chiunque, perché lei era l'amore della sua vita (o forse no, ma ci sarebbero voluti sette anni perché se ne rendesse conto, dettagliucci no? Il povero Miguel stava solo soffrendo come un cane da sempre, ma ehi, insomma, qui non siamo proprio brillanti nello scoprire le cose!).
    Non si mosse, incapace di reagire e di interagire con un essere umano: così, quando Miguel arrivò a sussurrargli una risposta, Tulio sobbalzò, preso alla sprovvista. In altri contesti avrebbe sicuramente imprecato, preso per la collottola l'amico e intimatogli di non cercare mai più, cabron! di fargli venire un prematurissimo infarto, ma in quello...era stanco Tulio, e nonostante passasse gran parte delle sue giornate in quel letto che con Chel tante volte aveva condiviso, le profonde occhiaie che lo segnavano tradivano come decisamente avesse ben più di un problema a dormire. Alzò gli occhi, e già era tanto, a quel semplice: «Hey» di Miguel, senza tuttavia ricambiarlo, mantenendo quell'espressione apatica e un aspetto decisamente malaticcio.
    Poi...what the hell? Sgranò appena gli occhi, confuso: beh, quantomeno finalmente reagiva a qualcosa. «...di troppo de che?» Rispose, come a liquidare come inconcepibile quanto in effetti il biondo stesse sostenendo: no, Tulio non aveva proprio capito. Rallentato rispetto alla sua consueta intelligenza ed alla caratteristica sagacia, ci mise un po' a fare due più due...un due più due tuttavia fatto a modo suo, del tutto ignaro di quelle che erano le reali inclinazioni dell'amico. Insomma, che cosa poteva saperne lui dell'amore di Miguel? Poveraccio, un'emozione alla volta, per cortesia!. Dalla sorpresa l'espressione si contrasse, passando alla rabbia, in una altalena di emozioni che solo così riusciva a incanalare: la sua perdita era ancora troppo recente, o magari profonda, o semplicemente...be', insomma, tutte quelle cose, sì, e sotto sotto poi era pure una drama queen. «...che le hanno detto? Ha litigato con quelli del Villaggio? Dimmi chi devo picchiare Miguel, dimmi a chi devo spaccare la facc-» ...partito per il suo film mentale, cercò cioè un capro espiatorio. Cercò una via di fuga a quel vuoto che sentiva nel petto, una spiegazione che non fosse davvero il mero, reale abbandono dell'indigena nei suoi confronti e che, in fondo, sembrava non riuscire proprio a sopportare. Ma si interruppe: la catena dei suoi pensieri prese un'altra piega. «...che le hai detto, Miguel. Che scherzone stupido le hai fatto? Ah giuro che stavolta ti strozzo...» Ma il tono sembrava meno pregno di cieca rabbia, più simile a quello dei continui bisticci amichevoli con cui in genere interagivano. Certo, sul fondo c'era pur sempre l'ira, accompagnata da un enorme spruzzo di dolore asfissiante, ma insomma, qualche traccia del Tulio che Miguel conosceva pareva essere rimasta sul fondo del barile che stavano raschando. «...dovrei andare a cercarla. Dovrei trovarla e convincerla a tornare, non credi?» Ed ecco il terzo sbalzo d'umore: pianificava, più o meno. O almeno tentava di cominciare a farlo.
     
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